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Montag, 6. Oktober 2025
Sonntag, 5. Oktober 2025
Codice penale: Rifiuto di atti di ufficio. Omissione
Art. 328 codice penale: Rifiuto di atti di ufficio. Omissione
CONSULENZA SU QUESTO ARGOMENTO
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio (1) (2) che, per ragioni di giustizia (3) o di sicurezza pubblica (4), o di ordine pubblico (5) o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo (6), è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032 (7).
Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa (8) (9).
Commento
Pubblico ufficiale: [v. 357]; Incaricato di pubblico servizio: [v. 358].
Rifiuto: diniego a compiere un atto dovuto ed espressamente richiesto [v. nota (2)].
Indebitamente: significa che il rifiuto non è autorizzato dalla legge o dalla P.A.
Atto d’ufficio: è quello che rientra nella competenza funzionale del soggetto attivo, che è obbligato a compierlo.
Ragioni di giustizia: risponde a (—) l’atto adottato per rendere possibile o agevolare l’attività del giudice o della polizia giudiziaria ovvero per concretizzare la cogenza di una norma.
Ragioni di pubblica sicurezza o di ordine pubblico: risponde a (—) l’atto che tende al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità, alla tutela della proprietà etc.
Ragioni di igiene e di sanità: risponde a (—) l’atto che mira a tutelare l’igiene e la sanità pubblica.
Ritardo: si verifica quando l’atto venga adottato oltre il termine previsto e sempre che lo stesso non possa, comunque, produrre gli effetti cui è destinato.
(1) Art. così sostituito ex l. 26-4-1990, n. 86 (art. 16).
(2) Il c. 1 disciplina l’ipotesi del rifiuto di atti qualificati (tali sono, appunto, definiti gli atti motivati da ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene, o sanità).
La giurisprudenza ritiene, opportunamente, che per rifiuto non possa intendersi esclusivamente quello espresso: soprattutto in considerazione della circostanza che spesso in diritto amministrativo il rifiuto può estrinsecarsi anche mediante il mero silenzio, per rifiuto deve intendersi non soltanto l’espresso diniego dell’atto richiesto, ma anche la sua mancata adozione nel termine previsto nonché, in mancanza di termine finale, la sua adozione in tempo non più utile.
In tal senso, si è affermato in giurisprudenza che il rifiuto di un atto d’ufficio si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma, per l’appunto, la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo (Cass. 8-2-2010, n. 4995).
(3) Per atto di ufficio che per ragione di giustizia deve essere compiuto senza ritardo si intende qualunque ordine o provvedimento autorizzato da una norma giuridica per la tempestiva attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile o più agevole l’attività del giudice, del pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria. La ragione di giustizia si esaurisce con l’emanazione del provvedimento di uno degli organi citati, non estendendosi agli atti che altri soggetti sono tenuti eventualmente ad adottare in esecuzione del provvedimento dato per ragione di giustizia (Cass. 15-4-2010, n. 14599).
(4) Vi rientrano, ad esempio, gli ordini di scioglimento delle manifestazioni vietate, la sospensione e la revoca della patente di guida.
(5) Ad esempio, gli ordini di non circolare su determinate strade.
(6) Parte della dottrina ritiene che occorra distinguere tra termine perentorio e termine ordinatorio: nella prima ipotesi si ha vera e propria omissione, nella seconda si avrebbe mero ritardo, in quanto l’atto può essere ancora compiuto e può esplicare i suoi effetti tipici.
La Cassazione ha precisato che il rifiuto penalmente rilevante ai sensi del primo comma della disposizione in esame è quello concernente un atto «indifferibile», per tale intendendosi quello il cui mancato compimento è potenzialmente produttivo di pregiudizio (Cass. 7-9- 2005, n. 33018).
L’indifferibilità deve essere accertata in base all’esigenza di garantire il perseguimento dello scopo cui l’atto è preordinato ed agli effetti al medesimo concretamente ricollegabili, con la conseguenza che l’assenza di termini di legge espliciti o la previsione di termini meramente ordinatori non esclude il dovere di compiere l’atto in un ristretto margine temporale quando ciò sia necessario per evitare un sostanziale aumento del rischio per gli interessi tutelati dalla norma incriminatrice (Cass. 6-12-2012, n. 47531).
(7) Sul reato di omissione di atti cfr. art. 70, l. 4-5-1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori).
(8) Il comma 2 fa riferimento sia ad atti qualificati, che possono essere ritardati sia ad atti non qualificati, ossia ad atti che non sono motivati da ragioni di giustizia, di ordine pubblico etc. e che non rientrano, perciò, nell’elencazione di cui al c. 1. In questo caso la condotta punita è l’omissione cioè il mancato compimento dell’atto dovuto.
Perché l’omissione venga punita è necessario che vi sia una richiesta in forma scritta da parte di chi vi ha interesse; che siano decorsi trenta giorni; che il p.u. non abbia risposto neanche per esporre le ragioni del ritardo. Il dovere di risposta del pubblico ufficiale presuppone, peraltro, che sia stato avviato un procedimento amministrativo, rimanendo al di fuori della tutela penale quelle richieste che, per mero capriccio o irragionevole puntigliosità, sollecitano alla P. A. un’attività che la stessa ritenga ragionevolmente superflua e non doverosa (in tal senso, Cass. 4-1-2012, n. 79).
(9) Costituiscono, per la giurisprudenza, ipotesi di reato di cui all’art. 328 c.p. il rifiuto, da parte del sindaco, di rilasciare copia di deliberazioni consiliari al consigliere comunale che ne faccia richiesta; l’inadempienza dolosa del consulente tecnico agli atti richiesti; il caso del medico addetto al servizio di guardia medica che, sebbene sollecitato a un intervento urgente di visita domiciliare, non intervenga, o la faccia con notevole ritardo, pur presentando la richiesta di soccorso inequivoci connotati di gravità.
Giurisprudenza annotata
Rifiuto d'atti d'ufficio
Si configura il delitto di rifiuto di atti d'ufficio anche in assenza di un danno prodotto dall'indebito comportamento del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio. Si tratta, infatti, di un reato di pericolo, per la cui realizzazione non è richiesto necessariamente il rifiuto di un atto urgente richiesto od ordinato da altri, bensì è sufficiente la reiezione di un atto dovuto senza ritardo quando le circostanze sostanziali ne richiedano il compimento (fattispecie relativa al rifiuto opposto da due infermieri professionali, in servizio nel reparto psichiatria, di prestare assistenza ad una paziente con disturbi mentali - che lamentava forti emicranie e capogiri, a causa dei quali era anche caduta riportando lesioni all'arcata sopraccigliare - nonché di allertare il medico di turno per vagliarne eventuali patologie).
Cassazione penale sez. VI 11 novembre 2014 n. 49537
Deve essere riconosciuta la responsabilità ex art. 328 c.p. per il sanitario che si rifiuta di ricoverare il paziente con diagnosi di politrauma da incidente stradale proveniente da altro ospedale per essere sottoposto a tac e che accusi gravi ed improvvisi dolori addominali, trattandosi di una situazione con possibili conseguenze negative per la salute del paziente, cui non può opporsi alcun comportamento dilatorio, né un rifiuto avanzato sulla base del generico e formalistico richiamo a disposizioni regolamentari o a protocolli operativi secondo cui l'Ospedale che per primo prende in carico il paziente deve seguirlo per tutta la durata della degenza e deve coordinare tutti gli accertamenti del caso.
Cassazione penale sez. VI 30 settembre 2014 n. 45844
In tema di omissione di atti di ufficio, per atto di ufficio che per ragione di giustizia deve essere compiuto senza ritardo si intende qualunque ordine o provvedimento autorizzato da una norma giuridica per la tempestiva attuazione del diritto obiettivo e diretto a rendere possibile o più agevole l'attività del giudice, del pubblico ministero o degli ufficiali di polizia giudiziaria. La ragione di giustizio si esaurisce con l'emanazione del provvedimento di uno degli organi citati, non estendendosi agli atti che altri soggetti sono tenuti eventualmente od adottare in esecuzione del provvedimento dato per ragione di giustizia.
Tribunale Roma sez. VIII 10 giugno 2014 n. 7246
In tema di omissione di atti d'ufficio, la norma di cui all'art. 328, comma secondo, cod. pen., prevede che lo richiesta del privato, cui corrisponde un dovere di rispondere o di attivarsi da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, deve riflettere un interesse personale e diretto alla emanazione di un atto o di un provvedimento identificabile in una posizione giuridica soggettiva di diritto soggettivo o di interesse legittimo, con esclusione di qualsiasi situazione che attenga ad interessi di mero fatto. La richiesta scritta del privato assume la natura e la funzione tipica della formale diffida ad adempiere, dovendo lo stessa essere rivolta a sollecitare il compimento dell'atto o l'esposizione delle ragioni che lo impediscono. Ne consegue che il reato si consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l'atto richiesto sia stato compiuto, o senza che il mancato compimento sia stato giustificato.
Tribunale Roma sez. VIII 10 giugno 2014 n. 7246
Deve essere riconosciuta la responsabilità ex art. 328 c.p. del medico anestesista, incaricato di prestare la dovuta assistenza all'intervento chirurgico svolto su di un bambino, che si era allontanato subito dopo l'esecuzione dell'intervento chirurgico, senza attendere il regolare risveglio del paziente, senza accertarsi delle sue condizioni, senza lasciar detto dove andava e dove poteva essere rintracciato, lasciando il bimbo alla sola vigilanza delle infermiere, nei fatti quindi rifiutando un atto del suo ufficio che doveva essere compiuto senza ritardo per ragioni di sanità, rendendosi irreperibile ed irraggiungibile per oltre quaranta minuti, pur nella consapevolezza di avere lasciato senza la doverosa e cogente assistenza un paziente appena operato, oltre quaranta minuti durante i quali -a seguito dell'insorgere di serie complicanze respiratorie nel paziente- era stato insistentemente e reiteratamente cercato dai medici e dal centralino dell'ospedale.
Cassazione penale sez. VI 03 giugno 2014 n. 38354
Il reato di cui all'art. 328 c.p. si configura allorquando il pubblico ufficiale rifiuti indebitamente un atto specifico urgente. Tuttavia il compimento di un altro atto, se sorretto da idonea giustificazione, contraddice la necessità dell'omissione dell'atto specificatamente richiesto. Il rifiuto è indebito e, dunque consapevole e sorretto da dolo, se la condotta di diniego sia del tutto ingiustificata.
Cassazione penale sez. VI 09 aprile 2014 n. 51149
In tema di rifiuto di atti d'ufficio, la richiesta scritta di cui all'art. 328, comma 2, c.p., assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere, dovendo la stessa essere rivolta a sollecitare il compimento dell'atto o l'esposizione delle ragioni che lo impediscono. Ne consegue che il reato si consuma quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l'atto richiesto sia stato compiuto, o senza che il mancato compimento sia stato giustificato. (Nell'affermare il principio, la S.C. ha escluso il reato in presenza di mere richieste al Consiglio dell'ordine degli avvocati di revoca della sospensione cautelare dall'esercizio della professione forense, prive di formali diffide ad adempiere rivolte al pubblico ufficiale). Dichiara inammissibile, G.i.p. Trib. Udine, 12/03/2012
Cassazione penale sez. VI 15 gennaio 2014 n. 2331
In tema di omissione di atti di ufficio, l'ordinanza di sospensione dei lavori, che deve essere emessa dal p.u. nel caso di lottizzazione abusiva, non rientra tra gli atti da compiere senza ritardo per ragioni di giustizia, la cui mancata adozione integra il reato di cui all'art. 328 comma 1 c.p., trattandosi di provvedimento cautelare amministrativo emanato per ragioni diverse da quelle inerenti all'attività giurisdizionale o all'attività di indagine o di attuazione del diritto obiettivo facente capo al giudice, al p.m. o alla polizia giudiziaria. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva dichiarato il non luogo a procedere anche per l'accusa di abuso di ufficio, potendo la condotta omissiva del p.u., procurare un indebito vantaggio a coloro ai quali avrebbe dovuto essere destinata l'ordinanza di sospensione). (Annulla in parte con rinvio, Gip Trib. Campobasso, 09/04/2013 )
Cassazione penale sez. III 13 dicembre 2013 n. 5688
Il delitto di omissione di atti di ufficio, di cui all'art. 328 comma 2 c.p., integra un delitto plurioffensivo, in quanto la sua realizzazione lede, oltre l'interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della p.a., anche il concorrente interesse del privato danneggiato dall'omissione o dal ritardo dell'atto amministrativo dovuto, con la conseguenza che pure quest'ultimo assume la posizione di persona offesa dal reato ed è pertanto legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione formulata dal p.m. (Annulla senza rinvio, G.i.p. Trib. Napoli, 06/02/2013)
Cassazione penale sez. VI 27 novembre 2013 n. 9730
La condotta di rifiuto prevista dall'art. 328 c.p. si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un'urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell'atto, in modo tale che l'inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di un rifiuto dell'atto medesimo.
Cassazione penale sez. VI 06 giugno 2013 n. 33235
Il delitto di cui all'art. 328 c.p. integra un reato plurioffensivo, in quanto la sua realizzazione lede, oltre l'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della p.a., anche il concorrente interesse del privato danneggiato dall'omissione, dal ritardo o dal rifiuto dell'atto amministrativo dovuto; per tali ragioni, il soggetto privato assume la posizione di persona offesa dal reato. La connotazione indebita, in particolare, attribuibile al rifiuto, sussiste quando risulti che l'imputato non abbia esercitato una discrezionalità tecnica, ma si sia sottratto alla valutazione dell'urgenza dell'atto di ufficio; tale discrezionalità tecnica, valutabile dal giudice, non deve tuttavia trasmodare in arbitrio, quando non risulti, in alcun modo, sorretta da un minimo di ragionevolezza.
Cassazione penale sez. VI 05 aprile 2013 n. 19759
Articolo 333 Codice di procedura penale
(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)
[Aggiornato al 09/08/2025]
Denuncia da parte di privati
Dispositivo dell'art. 333 Codice di procedura penale
Fonti → Codice di procedura penale → LIBRO QUINTO - Indagini preliminari e udienza preliminare → Titolo II - Notizia di reato
1. Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria [364, 709 c.p.](1).
2. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale [122], al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta [100] dal denunciante o da un suo procuratore speciale(2).
3. Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall'articolo 240(3).
Art. precedenteArt. successivo
Note
(1) A differenza dei pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, rispetto ai quali vige sempre l'obbligo di denunciare i reati di cui sono venuti a conoscenza nell'esercizio o a causa delle loro funzioni (art. 331), i privati sono sottoposti a tale obbligo solo in casi eccezionali, al di fuori dei quali si tratta di una mera facoltà.
(2) La persona che presenta una denuncia ha diritto di ottenere attestazione della ricezione dall'autorità davanti alla quale la denuncia o la querela è stata presentata o proposta. L'attestazione può essere apposta in calce alla copia dell'atto.
(3) Si tratta di quelle denunce che è impossibile attribuire a un soggetto determinato e che, pur non avendo rilevanza processuale, sono annotate in registro detto modello 46.
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Ratio Legis
Il legislatore ha considerato che non sempre le notizie di reato possono risultare autoprodotte dagli organi inquirenti, potendo invece essere ricevute da questi, in alcune occasioni, secondo le modalità previste dalla legge e per questo definite "notizie di reato qualificate".
Consulenza
Spiegazione dell'art. 333 Codice di procedura penale
I privati che abbiano avuto in qualsiasi modo una notizia di reato sono obbligati a presentare denuncia all'autorità competente solamente nei casi tassativi ed eccezionali previsti dalla legge.
Il privato è tenuto alla denuncia quando è venuto a conoscenza del fatto che il denaro o le cose ricevute provengono da delitto (art. 709 c.p.– Omessa denuncia di cose provenienti da delitto). In sintesi, in questo caso, l’avviso all’Autorità deve essere dato, senza indugio, dopo che il privato sia venuto a conoscenza della sicura provenienza illecita dei beni.
Inoltre, sussiste un altro preciso obbligo di denuncia da parte di privati allorquando abbiano avuto notizia che all’interno della propria abitazione si trovano delle materie esplodenti (art. 679 679 c.p.).
Nondimeno, il privato cittadino ha una specifico obbligo di denuncia allorquando ha percepito la notizia della commissione del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione (Legge 15 marzo n. 82 del 1991).
Negli altri casi la denuncia è una mera facoltà per i privati, e lo stesso vale anche per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che abbiano notizia di un reato al di fuori dell'esercizio delle loro funzioni.
Assai importante è la disposizione di cui al comma 3, secondo cui delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo che nei casi di cui all'art. 240, ovvero quando la denuncia stessa costituisca corpo del reato o provengono comunque dal reato.
Anonima è la denuncia che sia impossibile attribuire ad un soggetto determinato. Va considerata anonima anche la denuncia recante una sottoscrizione illeggibile o recante un nome di fantasia, mentre non potrebbe considerarsi invece anonima una denuncia da cui si possa comunque desumere la provenienza (ad es. amministratore delegato della società Alfa).
Importante sottolineare che la denuncia anonima può comunque essere utilizzata per l'attività pre-investigativa ai sensi dell'art. 330.
Tesi di laurea
Consulenza
Massime relative all'art. 333 Codice di procedura penale
Cass. pen. n. 9041/2018
Ai fini della valutazione dei gravi indizi di reato in sede di autorizzazione delle intercettazioni, è utilizzabile la segnalazione proveniente dal "whistleblower", in quanto l'identità del denunciate è nota, pur essendo coperta da riserbo al fine di tutelare il pubblico dipendente che segnali condotte illecite, sicchè non si incorre nel divieto di utilizzazione delle fonti anonime previsto dall'art.333, comma 3, cod.proc.pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che, in base all'art. 54-bis, del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, come modificato dalla l. 30 novembre 2017, n. 279, nell'ambito del processo penale l'identità del segnalante è coperta dal segreto ai sensi dell'art.329 cod.proc.pen.).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9041 del 27 febbraio 2018)
Cass. pen. n. 2623/2004
L'atto di querela, munito di sottoscrizione autenticata, può essere depositata materialmente da un incaricato anche se non munito di procura speciale, in quanto per il conferimento dell'incarico non sono previste forme particolari, potendo essere affidato anche oralmente.
(Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 2623 del 26 gennaio 2004)
Cass. pen. n. 40355/2001
È configurabile il reato di calunnia anche nel caso, espressamente previsto dall'art. 368 c.p., in cui la falsa incolpazione sia contenuta in una denuncia anonima, in quanto, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 333 c.p.p. che esclude qualsiasi rilevanza indiziaria e probatoria della delazione anonima, sia nella fase delle indagini preliminari sia nel processo, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria restano titolari del potere-dovere di svolgere i necessari atti preliminari di verifica conoscitiva al fine di acquisire, eventualmente, una valida «notizia criminis», con conseguente idoneità di tali atti a ledere l'interesse al corretto funzionamento della giustizia e l'interesse privato della persona offesa, qualora la denuncia si riveli priva di fondamento.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 40355 del 13 novembre 2001)
Cass. pen. n. 33694/2001
È configurabile il reato di calunnia anche nel caso in cui la falsa incolpazione sia contenuta in uno scritto anonimo.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 33694 del 17 settembre 2001)
Cass. pen. n. 21258/2001
È ritualmente proposta la querela presentata, con le formalità di cui agli artt. 337 e 333 comma secondo c.p.p., al direttore provinciale delle Poste, se relativa a reati attinenti, direttamente o indirettamente, all'organizzazione, all'esercizio, all'utenza dei servizi postali e della telecomunicazioni o che vengano, comunque, perpetrati negli ambienti di lavoro dei servizi medesimi, non essendo venuta meno, a seguito della trasformazione della amministrazione postale in ente pubblico economico, la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria dei soggetti ai quali l'art. 1 D.M. 14 agosto 1943 ha attribuito tali funzioni, atteso che l'ente resta comunque disciplinato da normativa pubblicistica e continua a perseguire finalità pubbliche. (Fattispecie relativa a reati di ingiuria e minaccia in danno di un geometra, dipendente della amministrazione postale, consumato in immobile di pertinenza della stessa, già locato ad una ditta privata e nel quale erano in corso lavori di ristrutturazione in vista della sua restituzione all'ente titolare).
(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 21258 del 24 maggio 2001)
Cass. pen. n. 2838/1998
In tema di formalità della querela la previsione che questa sia proposta, con le forme previste dall'art. 333, comma secondo, c.p.p. alle stesse autorità alle quali può essere presentata denuncia, non comporta la materiale presentazione nelle mani del P.M., il cui ufficio è costituito anche da personale di segreteria, che, per legge, ha propri compiti di registrazione di atti e di certificazione di attività che si compiono nell'ufficio medesimo.
(Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2838 del 5 marzo 1998)
Cass. pen. n. 12728/1995
L'art. 41, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 prevede l'obbligo della polizia giudiziaria di compiere perquisizioni e sequestri quando abbia ricevuto notizia, anche anonima, della presenza illecita di armi, munizioni e materie esplodenti, non denunziate, non consegnate o comunque abusivamente detenute; tale disposizione — espressamente richiamata dall'art. 225 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale — è operante non ostando il disposto del n. 3 dell'art. 333 c.p.p. nella misura in cui questo vieta l'utilizzazione, nel processo, di denunce o delazioni anonime in quanto tali ma non preclude all'autorità giudiziaria e alla polizia giudiziaria di iniziare le indagini né, pertanto, di apprezzare quelle notizie sotto il profilo fenomenico in relazione alle successive acquisizioni.
(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 12728 del 29 dicembre 1995)
Cass. pen. n. 2087/1994
Se delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso processuale e probatorio, ai sensi dell'art. 333, comma 3, c.p.p., gli elementi che tali denunce contengono possono stimolare l'attività di indagine nella fase processuale volta ad espletare quella iniziativa di acquisizione di notitiae criminis e di preliminare verifica conoscitiva di elementi a tal fine utili che il vigente codice di rito riferisce al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio eseguito nel corso delle indagini sulla base di una denuncia anonima).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2087 del 16 agosto 1994)
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Articolo 361 Codice Penale
(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)
[Aggiornato al 03/07/2025]
Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale
Dispositivo dell'art. 361 Codice Penale
Fonti → Codice Penale → LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare → Titolo III - Dei delitti contro l'amministrazione della giustizia → Capo I - Dei delitti contro l'attività giudiziaria
Il pubblico ufficiale(1), il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni(2), è punito con la multa da euro 30 a euro 516.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria [c.p.p. 57], che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto [c.p.p. 330-332, 347](3).
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.
Art. precedenteArt. successivo
Note
(1) Si tratta di un reato proprio, che presuppone che il p.u. abbia conoscenza di un fatto costituente reato, acquisita nell'esercizio delle proprie funzioni o in connessione funzionale con esse.
(2) Si tratta di un'ipotesi differente dal concorso nel reato per non averlo impedito, pur avendone l'obbligo (art. 40 c.p.), dove il pubblico ufficiale omette non tanto di denunciare un reato di cui sia venuto a conoscenza quanto di porre in essere un doveroso comportamento positivo, che poteva materialmente attuare impedendo così il compimento del reato stesso.
(3) Questa rappresenta un'aggravante speciale di carattere soggettivo, non tanto dunque un titolo autonomo di reato, in quanto in tale ipotesi la diversità non si coglie sul piano di una differente connotazione della condotta incriminata, quanto della diversa ampiezza che caratterizza il dovere di informativa.
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Ratio Legis
La norma tutela il corretto funzionamento della giustizia, nello specifico garantendo che la notizia di reato giunga a conoscenza dell'organo competente all'esercizio dell'azione penale.
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Spiegazione dell'art. 361 Codice Penale
Il bene giuridico tutelato è l'acquisizione della notitia criminis da parte dell'autorità giudiziaria, in modo che essa possa correttamente ed efficacemente esercitare l'azione penale. Tale interesse viene meno, e di conseguenza anche la rilevanza penale, qualora l'autorità giudiziaria fosse già a conoscenza della notizia di reato o qualora la notizia stessa appaia manifestamente infondata, o ancora qualora il delitto sia punibile a querela della persona offesa.
La fattispecie rappresenta un'ipotesi di reato proprio, in quanto tale può essere commesso solo dal pubblico ufficiale.
Elemento costitutivo del reato è che il pubblico ufficiale abbia acquisito la notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni. Infatti, se egli ne viene a conoscenza al di fuori della predetta attività, residua solamente una facoltà di denuncia (la cui omissione non è penalmente sanzionata), al pari di tutti i cittadini.
L'obbligo di denuncia sussiste anche in presenza di una mero fumus di reato, occorrendo comunque che quest'ultimo risulti già delineato nei suoi tratti essenziali.
Inoltre, l'obbligo sussiste anche in presenza di eventuali cause di estinzione del reato o di cause di non punibilità, spettando solo all'autorità giudiziaria la valutazione della loro sussistenza.
La condotta incriminata consiste nell'omettere o ritardare dolosamente la denuncia.
Il dolo è generico, e consiste nella volontà di omettere o ritardare la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio, con la previsione di tutti i presupposti da cui derivi l'obbligo.
Il pubblico ufficiale dovrà dunque essersi rappresentato un fatto astrattamente integrante reato, che la denuncia rientri tra i propri doveri funzionali e che l'autorità giudiziaria non sia già a conoscenza della notitia criminis.
In base al criterio di specialità (v. art. 15), la fattispecie in esame rende inapplicabile il delitto di abuso d'ufficio (art. 323). Per contro, esso può concorrere con il delitto di favoreggiamento (art. 378).
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ede alla attestazione della data e del luogo della presentazione e Notizie
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Massime relative all'art. 361 Codice Penale
Cass. pen. n. 44423/2022
Non è configurabile il delitto di omessa o ritardata denuncia nei confronti di un appartenente alla polizia di Stato che venga a conoscenza di notizie relative ad un fatto di reato a seguito di una conversazione di natura privata, svoltasi al di fuori dell'esercizio delle funzioni e non connessa in alcun modo ad esse, in quanto, pur se in servizio permanente di pubblica sicurezza, fuori dall'esercizio effettivo delle funzioni gli appartenenti alla Polizia di Stato non sono tenuti agli obblighi correlati alla qualità di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44423 del 30 settembre 2022)
Cass. pen. n. 16577/2019
In tema di omessa denuncia ex art. 361 cod. pen., la conoscenza del fatto costituente reato da parte del pubblico ufficiale non può essere desunta dalla mera funzione di vertice amministrativo del settore nell'ambito del quale è emerso il fatto di reato, dovendosi a tal fine considerare l'articolazione strutturale ed organizzativa dell'ufficio e le procedure in uso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non provata la consapevolezza in capo al dirigente dell'ufficio tecnico comunale dell'avvenuta esecuzione di opere edili abusive oggetto di domanda di sanatoria, avendo lo stesso avuto il coordinamento di plurimi servizi senza procedere personalmente all'istruttoria delle numerosissime pratiche di condono, e non essendo stati acquisiti elementi per ritenere che avesse contezza, pur generica, del contenuto delle singole istanze).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16577 del 23 gennaio 2019)
Cass. pen. n. 49833/2018
Integra il delitto di omessa denuncia di reato di cui all'art. 361 cod. pen., la condotta del pubblico ufficiale che ometta, ovvero ritardi, la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio, quando egli è in grado di individuarne gli elementi ed acquisire ogni altro dato utile per la formazione della denuncia stessa. (Fattispecie in cui il commissario capo della polizia locale, pur essendo a conoscenza del fatto che alcuni agenti sottoposti al suo comando rilasciavano permessi di parcheggio falsi in cambio di denaro, aveva omesso di denunciare tale attività illecita).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 49833 del 31 ottobre 2018)
Cass. pen. n. 12021/2014
Non integra il reato di cui all'art. 361 cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale che, dinanzi alla segnalazione di un fatto avente connotazioni di possibile rilievo penale, disponga i necessari approfondimenti all'interno del proprio ufficio, al fine di verificare l'effettiva sussistenza di una "notitia criminis", e non di elementi di mero sospetto.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12021 del 13 marzo 2014)
Cass. pen. n. 51780/2013
Nel reato di omissione di referto, l'obbligo di riferire si configura per la semplice possibilità che il fatto presenti i caratteri di un delitto perseguibile di ufficio, secondo un giudizio riferito al momento della prestazione sanitaria in relazione al caso concreto, a differenza di quanto ricorre per la fattispecie di omessa denuncia, dove rileva la sussistenza di elementi capaci di indurre una persona ragionevole a ravvisare l'apprezzabile probabilità dell'avvenuta commissione di un reato, posto che, nell'illecito previsto dall'art. 365 c.p., la comunicazione fornisce, per vicende riguardanti la persona, elementi tecnici di giudizio a pochissima distanza dalla commissione del fatto, insostituibili ai fini di un efficace svolgimento delle indagini e del rispetto dell'obbligo di esercitare l'azione penale; ne consegue che il sanitario è esentato dall'obbligo di referto solo quando abbia la certezza tecnica dell'insussistenza del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la condanna di due medici i quali, in relazione al decesso di un minore, pur avendo riconosciuto l'errore diagnostico di un collega, avevano omesso il referto, ritenendo, sulla base di valutazioni probabilistiche ed approssimative, che l'evento letale fosse comunque inevitabile).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 51780 del 27 dicembre 2013)
Cass. pen. n. 23956/2013
Non sussiste alcun rapporto di specialità tra l'art. 361 c.p. e l'art. 27, comma quarto, d.p.r. n. 380 del 2001, trattandosi di norme con ambiti di applicazione differenti, poiché la prima sanziona penalmente qualsiasi pubblico ufficiale che ometta di denunciare all'a.g. fatti costituenti reato, mentre la seconda impone ai soli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria l'ulteriore obbligo - non sanzionato penalmente - di comunicare all'a.g. anche le violazioni urbanistico - edilizie non costituenti reato. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto responsabili del reato di cui all'art. 361 c.p. sia il geometra dell'ufficio tecnico comunale che aveva omesso di denunciare l'abuso edilizio accertato a seguito di sopralluogo con la polizia municipale, sia il responsabile del predetto ufficio venuto a conoscenza dell'abuso con la ricezione del rapporto di servizio).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 23956 del 3 giugno 2013)
Cass. pen. n. 31378/2011
Si configura un unico reato di calunnia nel caso in cui con un'unica denuncia taluno venga falsamente incolpato di una pluralità di reati.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31378 del 5 agosto 2011)
Cass. pen. n. 29579/2011
Per la configurabilità del reato di calunnia è necessario che la falsa accusa possa dare adito ad un procedimento penale per un reato che non sia stato in precedenza portato a conoscenza della autorità.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 29579 del 22 luglio 2011)
Cass. pen. n. 16161/2011
Integra il delitto di calunnia colui che predisponga maliziosamente quanto occorre perché taluno possa essere incriminato di un determinato reato, qualora a seguito di tale comportamento venga sporta denunzia all'autorità giudiziaria da un altro soggetto tenuto a farlo.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16161 del 22 aprile 2011)
Cass. pen. n. 14465/2011
Il delitto di omessa denuncia si realizza quando il ritardo della comunicazione della notizia di reato, fondata o meno che essa appaia, non consenta al P.M. qualsiasi iniziativa a lui spettante. (In motivazione la Corte ha escluso che la intervenuta modifica del termine ex art. 347 c.p., da quarantotto ore a "senza ritardo", previsto per riferire al P.M. la notizia di reato, autorizzi il pubblico ufficiale ad una valutazione di fondatezza).
(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 14465 del 9 febbraio 2011)
Cass. pen. n. 27508/2009
Integra il delitto di omessa denuncia di reato (art. 361 c.p.) la condotta del pubblico ufficiale che ometta, ovvero ritardi, la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio, quando egli è in grado di individuarne gli elementi ed acquisire ogni altro dato utile per la formazione del rapporto. (Fattispecie in cui un funzionario di polizia aveva visto il suo diretto superiore, responsabile del servizio di pagamento del personale, falsificare firme di quietanza e riscuotere personalmente emolumenti spettanti ad altri colleghi, conservandoli in una busta, anziché consegnarli agli aventi diritto).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 27508 del 7 maggio 2009)
Cass. pen. n. 28124/2002
In tema di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, l'intervenuta abolizione del reato presupposto, a seguito di intervento legislativo, non incide sulla configurabilità del delitto di cui all'art. 361 c.p., dovendosi escludere l'applicabilità del principio stabilito dall'art. 2 comma 2 c.p. (Fattispecie in cui era intervenuta l'abrogatio criminis della contravvenzione di cui all'art. 221 T.U.L.S. la cui denuncia era stata omessa dal pubblico ufficiale).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 28124 del 23 luglio 2002)
Cass. pen. n. 10272/2001
In tema di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'articolo 361 c.p. (l'essere cioè il colpevole un ufficiale o agente di polizia giudiziaria) configura una circostanza aggravante di carattere soggettivo rispetto alla generale ipotesi di reato di cui al primo comma della stessa norma.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10272 del 13 marzo 2001)
Cass. pen. n. 8746/2000
Il delitto di omessa denuncia, di cui all'art. 361 c.p., è reato istantaneo, perché il termine di adempimento dell'obbligo è unico, finale e non iniziale, decorso il quale l'agente non è più in grado di tenere utilmente la condotta imposta. Il contegno descritto in tale fattispecie si sostanzia, infatti, nell'omettere, e cioè nel non fare, ovvero nel ritardare, ossia nel protrarre indebitamente, la denuncia; tanto che alla desistenza la legge non riconnette alcuna conseguenza giuridica, essendosi ormai verificati gli effetti (omissione o ritardo) necessari e sufficienti per la consumazione.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8746 del 2 agosto 2000)
Cass. pen. n. 3496/1999
L'omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, prevista dall'art. 361 c.p., è configurabile anche quando essa abbia ad oggetto uno scritto anonimo il quale non contenga soltanto la generica indicazione di fatti suscettibili di essere valutati sotto il profilo della rilevanza penale, ma riferisca fatti specifici attribuiti a persona determinata, nulla rilevando in contrario che un tale scritto non sia comunque processualmente utilizzabile (atteso il disposto di cui all'art. 333, comma 3, c.p.p.), dal momento che detta inutilizzabilità non impedisce l'effettuazione di indagini dalle quali possa scaturire la prova dell'effettiva commissione di un reato.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3496 del 20 dicembre 1999)
Cass. pen. n. 12936/1999
Il reato di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale si configura come un reato di pericolo, a consumazione istantanea, non essendo necessario che il funzionamento della amministrazione della giustizia abbia subito un danno dalla omissione o dal ritardo della denuncia, onde al pubblico ufficiale tenuto a dare la notizia non spetta alcun potere dispositivo della notizia medesima né altra facoltà di indagare sulla vicenda nella quale sia ravvisabile un reato perseguibile di ufficio.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12936 del 11 novembre 1999)
Cass. pen. n. 9701/1996
Alla nozione del dolo di omissione è estraneo il movente che induca il soggetto tenuto ad osservare l'obbligo ad astenersene: non rileva quindi, in tema di omessa denuncia di reato che il pubblico ufficiale ritenga che l'informativa della notizia di reato di cui sia venuto a conoscenza competa ad altro pubblico ufficiale o supponga che l'informativa sia già stata da questi fornita; poiché l'errore non esclude la volontarietà dell'omissione, ma concerne se mai la non legittimità lo stesso è penalmente inescusabile.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9701 del 13 novembre 1996)
Cass. pen. n. 3100/1996
Commette il reato di sfruttamento ed esercizio della prostituzione, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, e non il reato di omessa denuncia ex art. 361 c.p. l'agente della Polizia di Stato che eserciti il meretricio in una casa di prostituzione poiché la qualifica di agente di polizia giudiziaria la gravava di una particolare posizione di garanzia avente come contenuto l'obbligo giuridico di evitare l'agire illecito di terzi. L'aver concorso mediante omissione nel reato materialmente commesso da altri (i gestori dell'abitazione nella quale essa stessa esercitava la prostituzione) comporta responsabilità ai sensi dell'art. 40 cpv., c.p. nel reato da questi commesso.
(Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3100 del 27 marzo 1996)
Cass. pen. n. 11597/1995
Per «altra autorità» (avente l'obbligo di riferire all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 361 c.p.) alla quale può essere fatta dal pubblico ufficiale denuncia con effetto liberatorio deve intendersi, oltre a quella di polizia giudiziaria, un'autorità che abbia col soggetto un rispetto in virtù del quale l'informativa ricevuta valga a farle assumere l'obbligo medesimo in via primaria ed esclusiva. È il caso delle organizzazioni di tipo gerarchico che vincolano all'informativa interna, riservando a livelli superiori i rapporti esterni. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che non potesse considerarsi assolto l'obbligo di referto - incombente, ai sensi dell'art. 365 c.p. che richiama l'art. 361 c.p., ad un medico di base del servizio sanitario nazionale con riguardo a lesioni derivanti da infortunio sul lavoro, perseguibili d'ufficio - per effetto di invio all'Inail dei certificati di prolungata malattia).
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11597 del 29 novembre 1995)
Cass. pen. n. 9800/1994
Quando il codice penale militare non preveda che una particolare condotta illecita integri la figura di un reato militare, occorre applicare a tale condotta l'ipotesi di reato prevista dal codice penale comune, con la conseguente attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario. (Fattispecie in tema di omessa denuncia di reato di cui all'art. 361 c.p., che non trova corrispondenza in analoga figura nel codice penale militare).
(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 9800 del 13 settembre 1994)
Cass. pen. n. 902/1994
L'obbligo di denuncia dei reati, posto a carico del pubblico ufficiale dall'art. 361 c.p., non può essere soddisfatto mediante la presentazione della denuncia al sindaco del luogo, anche se questi rivesta qualità di organo di pubblica sicurezza. L'obbligo in questione, infatti, non può essere rimesso ad altro pubblico ufficiale in quanto lo scopo dell'art. 361 è quello di assicurare una tempestiva conoscenza del reato da parte dell'autorità giudiziaria, scopo che verrebbe frustrato se i pubblici ufficiali potessero impunemente fidare l'un sull'altro nell'ottemperanza all'obbligo della denuncia.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 902 del 26 gennaio 1994)
Cass. pen. n. 6644/1988
Il notaio che roghi contratti di acquisto di lotti abusivi concorre nel reato di lottizzazione abusiva e non risponde di omessa denuncia di reato.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6644 del 4 giugno 1988)
Cass. pen. n. 5793/1988
Il pubblico ufficiale non può dirsi vincolato all'obbligo del rapporto sino a quando non sia in grado di individuare gli elementi di un reato e di acquisire ogni altro elemento utile per la formazione del rapporto stesso.
(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 5793 del 10 maggio 1988)
Cass. pen. n. 5499/1985
Non risponde di omessa denuncia di reato, ai sensi dell'art. 361, comma primo, c.p., il sindaco che ometta di portare a conoscenza dell'Autorità giudiziaria il contenuto delle domande di sanatoria per abusi edilizi pervenute all'Amministrazione comunale, o ne ritardi la trasmissione informale, richiesta dall'A.G., prescindendo dal loro vaglio, anche ai fini specifici dell'accertamento di fatti costituenti reato.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5499 del 28 maggio 1985)
Cass. pen. n. 6177/1984
Diverso dall'omessa denuncia di reato di cui all'art. 361 c.p. è il concorso nel reato per non averlo impedito pur avendone l'obbligo, previsto dall'art. 40 c.p. Nel primo caso il pubblico ufficiale omette o ritarda di denunciare un reato di cui sia venuto a conoscenza; nel secondo caso invece egli non omette la semplice notizia, ma omette il doveroso comportamento positivo (impedimento del reato) che poteva materialmente attuare e che invece non ha attuato, concorrendo così al compimento del reato stesso.
(Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 6177 del 2 luglio 1984)
Cass. pen. n. 8699/1982
In tema di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, l'esistenza di una prassi contra legem, in materia di omissione o ritardo dell'atto dovuto, non può valere ad escludere il dolo, ma solo può suffragare l'ipotesi di un errore sulla doverosità della denuncia, inescusabile perché vertente sulla legge penale.
(Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8699 del 5 ottobre 1982)
Cass. pen. n. 3102/1982
Incorre nel reato di cui all'art. 361 c.p. il sindaco che annulli i verbali di contravvenzione redatti dai vigili urbani, i quali agiscono come agenti di polizia giudiziaria; il controllo sugli accertamenti compiuti dall'agente di P.G. spetta, infatti, all'autorità giudiziaria e non all'organo gerarchicamente superiore.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3102 del 20 marzo 1982)
Cass. pen. n. 9632/1981
La parificazione agli effetti penali della denuncia tardiva all'omissione di denuncia, che è reato ad effetto istantaneo, non concretizza diversa ipotesi delittuosa ma sta a significare che la denunzia è sempre omessa, anche quando viene effettuata in ritardo.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9632 del 30 ottobre 1981)
Cass. pen. n. 5514/1978
Quando la trattazione di un affare amministrativo dia luogo all'intervento funzionale per ragioni di materia e di territorio di diversi pubblici ufficiali, ciascuno di essi è obbligato a denunciare il reato di cui abbia preso conoscenza nell'esercizio dell'attività amministrativa esplicita in ordine all'affare unitariamente considerato. La norma di cui all'art. 361 c.p. è infatti volta ad assicurare che l'autorità giudiziaria venga nel modo più tempestivo a conoscenza del reato emerso nel corso di un procedimento amministrativo, anche se questo sia ripartito in fasi successive, come si desume dalla equiparazione in via alternativa, nella fattispecie criminosa, dell'omissione della denuncia al ritardo di essa, ritardo che indubbiamente si verificherebbe se i pubblici ufficiali impunemente potessero fidare l'un sull'altro nell'ottemperanza dell'obbligo e invocare a giustificazione dell'omissione tale posizione psicologica.
(Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 5514 del 13 maggio 1978)
Cass. pen. n. 493/1970
Il reato, principale, di omessa denunzia di reato si consuma nel momento in cui si verifica la omissione e l'abolitio criminis del reato subordinato (quello, cioè, che doveva essere denunziato; nella specie: contravvenzioni al codice stradale successivamente depenalizzate) costituisce un posterius irrilevante agli effetti della punibilità del reato principale.
(Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 493 del 26 febbraio 1970)
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Articolo 362 Codice Penale
(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)
[Aggiornato al 03/07/2025]
Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio
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Dispositivo dell'art. 362 Codice Penale
Fonti → Codice Penale → LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare → Titolo III - Dei delitti contro l'amministrazione della giustizia → Capo I - Dei delitti contro l'attività giudiziaria
L'incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorità indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del servizio [c.p.p. 330-332, 347], è punito con la multa fino a euro 103(1).
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa [120] né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma definito da un servizio pubblico(2).
Art. precedenteArt. successivo
Note
(1) La particolare esimente relativa ai responsabili delle comunità terapeutiche è stata inserita dall'art. 104 della l. 22 febbraio 1975, n. 685 in materia di stupefacenti, come poi sostituito dall'art. 32 della l. 26 aprile 1990, n. 162, e che si spiega in ragione della particolare rapporto di fiducia di norma intercorrente tra il soggetto tossicodipendente e il responsabile della struttura in cui questi sta seguendo il percorso di riabilitazione.
(2) La dottrina maggioritaria ha fortemente criticato la disposizione in esame considerandola superflua, in quanto ricalca quanto disposto dall'art. 361, dal quale si differenzia solo per il soggetto attivo qui identificato nell'i.p.s..
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Ratio Legis
La norma tutela il corretto funzionamento della giustizia, nello specifico garantendo che la notizia di reato giunga a conoscenza dell'organo competente all'esercizio dell'azione penale.
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Spiegazione dell'art. 362 Codice Penale
Il bene giuridico tutelato è l'acquisizione della notitia criminis da parte dell'autorità giudiziaria, in modo che essa possa correttamente ed efficacemente esercitare l'azione penale. Tale interesse viene meno, e di conseguenza anche la rilevanza penale, qualora l'autorità giudiziaria fosse già a conoscenza della notizia di reato o qualora la notizia stessa appaia manifestamente infondata, o ancora qualora il delitto sia punibile a querela della persona offesa.