Sonntag, 7. Mai 2023

Gli esperimenti di infezioni su cavie umane compiuti  dai nazisti nei campi  di concentramento

The infectious diseases experiments conducted
on human guinea pigs by Nazis in concentration camps.

 Sergio Sabbatani

 Unità Operativa di Malattie Infettive, Policlino S. Orsola-Malpighi, Bologna, Italy

 
 PREMESSA
 

Il contesto culturale nazista, imperante in
Germania dal 1933 al 1945, che aderiva alla
teoria razzista della superiorità della stirpe aria-
na rispetto ad ebrei, neri, slavi e rom e che pra-
ticava con accanimento l’intolleranza nei con-
fronti di omosessuali, testimoni di Geova e av-
versari politici, costituisce il retroterra ideologi-
co1 dei crimini che furono perpetrati nei campi
di concentramento tedeschi durante gli anni
della II guerra mondiale.
La Wermacht tedesca, ricostruita dal 1933 in
poi, fu, per unanime riconoscimento, una “mac-
china bellica” formidabile. Intorno al 1942 la
Germania occupava quasi tutta l’Europa dai Pi-
renei al Caucaso, dalle porte di Leningrado
all’isola di Creta, dalla Bretagna al Mar Caspio;
inoltre l’Afrika Corps con circa 150 000 effettivi
giunse in Nord Africa nell’ottobre del ’42 in ap-
poggio determinante agli italiani, nei paraggi di
Alessandria d’Egitto. Questa straordinaria or-
ganizzazione militare per ottenere il massimo
di efficienza doveva garantire ai suoi membri il
massimo di sicurezza dal punto di vista sanita-
rio anche in contesti geografici e frangenti del
conflitto particolarmente pericolosi per la salu-
te dei suoi effettivi.
È ovvio che un soldato per garantire efficienza
in battaglia deve essere alimentato razional-
mente e vestito con indumenti adatti al clima
delle regioni ove è operativo; in sintesi il com-
battente deve essere il più possibile sano e non
reso vulnerabile dai più comuni patogeni infet-
tivi. Anche se le aspettative di salute negli anni
quaranta del XX secolo non erano sicuramente
paragonabili alle attuali, la Germania aveva
raggiunto mediante l’utilizzo dei deportati in-
quadrati nell’organizzazione Todt2, potenzialità
produttive considerevoli che soltanto dalla fine
del 1943 furono messe in crisi grazie ai bombar-
damenti aerei alleati. Per quanto riguarda le di-
sponibilità ricordiamo che negli anni del con-
flitto gli antibiotici non erano conosciuti da te-
deschi, giapponesi e italiani e pertanto i decessi
per infezioni in seguito a ferita d’arma da fuoco
erano molto probabili. Un impegno della ricer-
ca farmaceutica di queste nazioni per superare
questo limite divenne prioritario.
Da un punto di vista storico è noto che gli eser-
citi nei secoli XVIII e XIX hanno subito nel cor-
Le
Infezioni
nella Sto-
ria della
Medicina
Infections
in the
History of
Medicine
Le Infezioni in Medicina, n. 2, 151-166, 2013
*Corresponding author
Sergio Sabbatani
E-mail: sergio.sabbatani@aosp.bo.it
151
2013
1Il filosofo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946) è ritenuto il
maggiore teorico del nazionalsocialismo. Conosciuto Hitler a
Monaco nel 1921 aderì immediatamente al piccolo Partito dei
Lavoratori Tedeschi (NSDAP), in seguito fu uno dei massimi
gerarchi del III Reich. Venne processato a Norimberga e con-
dannato a morte. Non mostrò mai alcun segno di pentimento,
così scriveva nei suoi appunti durante il processo: “Il nazional-
socialismo è l’idea più nobile a cui un tedesco potrebbe dedicare tutta
la forza che gli è stata donata” [1].
2L’organizzazione Todt fu una grande impresa di costruzioni
che operò dapprima nella Germania nazista e poi in tutti i pae-
si occupati dalla Wermacht impiegando nel lavoro coatto più di
1.500.000 uomini e ragazzi. Creata da Fritz Todt (Ministro degli
Armamenti e degli Approvvigionamenti), l’organizzazione
operò fino al 1942 in stretta sinergia con gli alti comandi milita-
ri. Da questa data in poi, pur rimanendo strettamente collegata
alla Wermacht, in seguito alla morte del suo fondatore a causa
di un incidente aereo, passò sotto la direzione del Governo Cen-
trale [2].

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so dei conflitti, con relativa frequenza, attacchi
epidemici di tifo petecchiale; ricordiamo il ruo-
lo che svolse questa epidemia nella sconfitta3
dell’esercito di Napoleone durante la campa-
gna di Russia del 1812 [3]. Anche il colera con la
sua comparsa in occidente nel XIX secolo colpì
oltre che le popolazioni civili i militari impe-
gnati in alcuni conflitti; nel corso della Guerra
di Crimea (1854-1855) i decessi per questa ma-
lattia furono 10 volte più numerosi di quelli av-
venuti in battaglia [4].
Nella prima metà del XX secolo la regione bal-
canica, alcune zone della penisola italiana e
l’URSS meridionale erano ancora interessate
dall’endemia malarica; i soldati durante gli spo-
stamenti e nelle fasi di attività bellica trascorre-
vano lunghi periodi esposti alle punture delle
Anopheles e ciò costituiva un importante vulnus
per l’efficienza dei reparti più coinvolti nelle
operazioni di combattimento.
Abbiamo fatto un riferimento al dato che gli an-
tibiotici non erano disponibili nell’Europa occu-
pata, mentre sulle potenzialità dei sulfamidici
non c’erano conoscenze puntuali. La forte inci-
denza di infezioni come complicanza di ferita
d’arma da fuoco incentivò l’interesse allo svi-
luppo di nuovi farmaci con il coinvolgimento
dell’industria farmaceutica e chimica tedesca
che investì risorse e uomini su questa ricerca.
Non dimentichiamo il ruolo del blocco navale
anglo-americano che impedendo l’approvvi-
gionamento del prodotto base del chinino la-
sciava scoperta la produzione di questo farma-
co. Per colmare questo deficit diversi ricercato-
ri tedeschi, anche appartenenti all’industria pri-
vata, si impegnarono per identificare nuovi far-
maci di sintesi utili nel contrasto della malaria.
Le condizioni di defedamento collegate allo
scarso apporto alimentare, alla promiscuità am-
bientale e allo stress bellico diedero una nuova
spinta alla diffusione dell’infezione tubercolare.
L’aumento dei casi si registrò non solo nel con-
testo civile ma anche in quello militare. La vita
nelle camerate delle caserme, con la coabitazio-
ne notturna, determinò una notevole diffusione
del micobatterio tubercolare tra i giovani solda-
ti e pertanto anche su questo piano la sanità mi-
litare tedesca vide un suo possibile campo d’in-
tervento.
Negli anni del conflitto si osservò un notevole
incremento degli itteri tra i militari, che assun-
sero un andamento epidemico. Vi era infatti la
possibilità concreta che un soldato fosse messo
“fuori gioco” per mesi a causa di quella che
all’epoca era chiamata “itterizia”. Anche su que-
sto problema, nell’ottica del raggiungimento di
una maggiore efficienza, si volle intervenire
pianificando ricerche sperimentali.
Considerate queste criticità l’efficienza del sol-
dato tedesco divenne per il Reich nazista una
necessità strategica e fu pertanto deciso, ai mas-
simi livelli dello Stato, di coinvolgere le struttu-
re più fedeli, più determinate ma anche più fe-
roci che il nazismo aveva generato: le Schutz-
staffel (Squadre di protezione), denominate
usualmente SS [5]. Come è noto, queste unità
paramilitari del partito nazista divennero nel
corso del conflitto le artefici più crudeli dello
sterminio degli ebrei e dei prigionieri russi, for-
nendo i quadri che governarono implacabil-
mente i campi di concentramento fino al mag-
gio del 1945. Ricordiamo che l’organizzazione
paramilitare SS aveva al suo interno una sezio-
ne sanitaria che era comunque direttamente su-
bordinata al suo Reichsführer Heinrich Himm-
ler 4, uno dei massimi gerarchi del Reich nazista.
Prima di essere investita della organizzazione
delle ricerche in ambito medico, la struttura pa-
ramilitare delle SS era stata coinvolta in un pro-
gramma di eutanasia attiva a partire dal I set-
tembre del 1939. Esisteva infatti una struttura
che sotto la discreta denominazione di “Comi-
3Partiti 650 000 soldati ne ritornarono 100 000, si registrarono 400 000 tra morti e dispersi e 100 000 prigionieri [3].
4Himmler (1900-1945) ricevette un’educazione da genitori attenti ed affettuosi, con il padre Gebhard che era stato precettore del prin-
cipe Enrico di Wittemberg; la famiglia, permeata di una sensibilità letteraria, aveva organizzato un circolo di lettura che si occupava
di letteratura classica. Il giovane Heinrich non partecipò alla guerra del 1914, però sul finire del conflitto spinse i genitori a trovargli
un posto come cadetto. Come tanti tedeschi si sentì fortemente umiliato dagli accordi penalizzanti verso la Germania, stabiliti con il
trattato di Versailles e nel 1923 partecipò al fallito colpo di stato di Monaco di Baviera che, ricordiamo, portò in prigione Hitler. Nel
1925 si iscritte alle SS e nel ’29 ne divenne il capo. Nel 1933 creò il primo campo di concentramento di Dachau. Dopo avere elimina-
to nel 1934 le rivali SA su indicazione del Fuhrer, nel ‘36 venne ricompensato con la carica di capo della polizia tedesca. Nel 1943 fu
nominato Ministro dell’Interno, assumendo il ruolo di uno degli uomini più potenti del Terzo Reich. Sul finire della guerra prese le
distanze da Hitler tentando di organizzare una pace separata con gli anglo-americani, pur volendo continuare la guerra contro
l’URSS. Il progetto fallì, nel frattempo ebbe incontri con il responsabile della Croce Rossa Svedese Folke Bernadotte tentando di “sal-
vare” la sua immagine consentendo, negli ultimi giorni di conflitto, che fossero evacuate alcuna migliaia di internati ebrei attraverso
un ponte umanitario. Caduto il nazismo tentò di sfuggire all’arresto travestito da soldato ma, riconosciuto ed imprigionato, si suicidò
spezzando una capsula di cianuro che aveva tra i denti. Era il 23 maggio 1945. Il suo corpo fu interrato in un luogo anonimo nel bo-
sco di Luneburgo. É ritenuto come capo delle SS tra i più feroci e determinati ideatori ed esecutori del progetto di sterminio degli
ebrei [6, 7].
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te nel cavo ascellare (Figura 4); nell’arco di po-
co tempo le linfoghiandole furono asportate
chirurgicamente ed inviate al patologo Hans
Klein9 che, valutato il quadro istologico, notificò
il referto dell’esame a Heissmeyer il 12 marzo
1945. Come nella precedente sperimentazione,
non si era generato alcun anticorpo specifico.
Con l’avanzare degli alleati la liquidazione del-
le vittime alloggiate nella baracca 4 divenne un
problema. Heissmeyer aveva lasciato Neuen-
gamme e il comandante Max Pauly ricevette da
Berlino l’ordine che il dipartimento sperimenta-
le era annullato. C’era l’urgente necessità di far
scomparire le tracce delle sperimentazioni, i
tempi stringevano e non era possibile eliminare
le vittime in loco in quanto a Neungamme si era-
no installati i funzionari della Croce Rossa Sve-
dese, mentre i prigionieri scandinavi venivano
fatti evacuare.
Le SS nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1945 or-
ganizzarono il trasporto dei bambini insieme a
due medici francesi deportati, René Quenouille
e Gabriel Florence, a due infermieri olandesi
anch’essi deportati, Anton Hölzel e Dirk Deu-
tekom, e a 14 prigionieri russi. Il camion si di-
resse verso il vicino paese di Bullenhuser
Damm ove nell’edificio della scuola locale, il ca-
po SS Arnold Strippel, coadiuvato da altre SS,
organizzò la strage. Prima gli adulti vennero
strangolati, poi i bambini furono narcotizzati
dal medico del campo di Neuengamme, Alfred
Trzebinski con una iniezione di morfina e quin-
di impiccati a chiodi piantati in una stanza del
seminterrato della scuola. Subito dopo i corpi
vennero cremati per non lasciare tracce [23].
Trzebinski fu processato e condannato a morte
l’8 ottobre 194610 [25]. Anche il comandante del
campo Max Pauly e Wilhelm Dreimann, una
delle guardie SS che accompagnarono i bambi-
ni, furono processati e condannati all’impicca-
gione. Il 10 ottobre dello stesso anno furono im-
piccati altri due nazisti: Johann Frahm e Ewald
Jauch che avevano partecipato alla strage.
Durante il processo emersero le responsabilità
di Kurt Heissmeyer che nel frattempo era ritor-
nato a vivere tranquillamente a Magdeburgo
nella Germania est, esercitando la professione
di medico. Una campagna di stampa iniziata
nel maggio del 1959 dal settimanale Stern ri-
portò alla memoria la storia dei bambini impic-
cati nella scuola di Bullenhuser Damm, facen-
do così riemergere il ruolo di Heissmeyer. Sol-
tanto nel 1963 il criminale nazista fu arrestato e
giudicato per gli esperimenti compiuti sui
bambini nel 1945. Nel 1966 fu condannato
all’ergastolo e non alla pena di morte perché
l’accusa non riuscì a dimostrare che lui aveva
dato l’ordine di uccidere i bambini. Rinchiuso
in carcere a Bautzen morì di infarto il 29 agosto
1967. Arnold Strippel, che sicuramente ebbe
una responsabilità direttiva nella strage, emer-
sa nel dibattimento del primo processo, inspie-
gabilmente riuscì, grazie ad una serie di com-
plicità all’interno della magistratura, a scampa-
re al giudizio [26].
La vicenda dei bambini-cavia di Neungamme è
interessante perché sottolinea la ferocia dimo-
strata nella progettazione ed esecuzione di
pseudoesperimenti scientifici. Nella sua disu-
mana crudezza consente di cogliere interamen-
te la feroce determinazione della classe medica
nazista che pianificò alla fine la strage nel ten-
tativo di occultare le prove del crimine.
n IL TIFO PETECCHIALE
Che il tifo petecchiale in era pre-antibiotica fos-
se un grave problema era noto e che, in tempo
di guerra nelle trincee e nelle caserme, costi-
tuisse un pericolo costante lo si era constatato
durante il primo conflitto mondiale. I vertici
nazisti avevano la consapevolezza che una epi-
demia di tifo avrebbe messo in crisi uno o più
settori dei fronti aperti ad est con l’URSS e in
Europa centro-meridionale nella penisola bal-
canica.
Figura 4 - Fotografie scattate ai bambini che inqua-
drano le linfoadenopatie tubercolari nello scavo
ascellare.
9Hans Klein non solo non ebbe problemi al termine della guerra, ma divenne professore universitario all’Università di Heidel-
berg [23].
10Al processo Alfred Trzebinski fece questa dichiarazione: ”Nel periodo che ho trascorso nel campo di concentramento ho visto molte cose inu-
mane ed ero in qualche modo insensibile, ma non avevo ancora visto un bambino impiccato” [25].
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terali o per il tifo. Visti gli insuccessi, ancora nel
maggio del 1944 il Dott. Haagen otteneva altri
200 deportati per proseguire il suo delirante
esperimento.
Abbiamo accennato all’interesse dell’industria
farmaceutica nei confronti della ricerca di un
vaccino contro il tifo petecchiale, e la grande
disponibilità di cavie umane, in un clima ge-
nerale ove l’esistenza dei deportati era svalu-
tata e molti erano addirittura considerati sub-
umani, era un’occasione favorevole, unica, per
speculare sulle necessità sanitarie che la guer-
ra creava.
La Bayer e la IG Farben si impegnarono e si
compromisero in sperimentazioni di due pro-
dotti: il granulato di acridina e il rutenol [26]. Le
sperimentazioni furono condotte, come al solito
diligentemente, ad Auschwitz, dal dott. Hel-
mut Vetter. Gli effetti collaterali, per ammissio-
ne dello stesso medico sperimentatore furono
disastrosi in quanto i prigionieri accusarono vo-
mito ripetuto quando il farmaco fu sommini-
strato a dosi modeste (0,25 mg), ma con dosi più
elevate si conclamarono quadri patologici mol-
to più gravi: nefriti, broncopolmoniti, flemmoni
cutanei, edema del laringe, emorragie intestina-
li. Visto l’insuccesso, gli esperimenti furono ri-
petuti a Buchenwald e i risultati rilevati furono
analoghi, con un tasso di mortalità tra gli infet-
tati e successivamente trattati con il rutenol del
56%, mentre con l’acridina si attestarono sul
53%; complessivamente questi pseudoesperi-
menti causarono la morte di 62 deportati [11].
Helmut Vetter era convinto che il rutenol po-
tesse essere utilizzato anche come farmaco anti-
tubercolare; nella Figura 6 viene riprodotta una
Figura 6 - Corrispondenza della
casa farmaceutica Bayer ove vie-
ne citato il Dottor Vetter, si pro-
poneva di fare esperimenti con il
rutenol in malati di TBC.
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sua corrispondenza con la casa farmaceutica
Bayer.
I deliranti valori etici che sostenevano queste
criminali sperimentazioni su cavie umane furo-
no ben sintetizzati in una frase pronunciata dal
gerarca delle SS Leonardo Conti quando, nel
corso di una riunione, Gerhard Rose trovò la
forza di criticare l’uso dei deportati per effet-
tuare le sperimentazioni. Così si espresse Conti:
Un piccolo numero di esseri umani che comunque
sono destinati alla morte in altro modo come crimi-
nali o prigionieri , possono benissimo sacrificarsi per
salvare centinaia di migliaia di vite umane” [11].
n L’EPATITE VIRALE
Abbiamo accennato alle problematiche sanita-
rie emerse durante il conflitto collegate a quella
che all’epoca era denominata “epidemia itterica
e che colpiva i soldati della Wehrmacht. Tra il
giugno 1943 e il gennaio del 1945 i campi di Sa-
chsenhausen e Natzweiler furono teatro di
esperimenti indirizzati alla ricerca delle cause e
forse alla sperimentazione di vaccini utili per
contrastare la diffusione di questa patologia.
Gli studi di laboratorio furono condotti inizial-
mente dal dott. Arnold Dohmen11 (medico mili-
tare). Queste ricerche avevano chiarito che la
causa dell’epatite era un virus. Visto l’interesse
strategico militare, il capo del servizio medico
delle SS, Ernst Robert Grawitz, il I di giugno del
1943 scrisse a Himmler chiedendo di avviare
l’inoculazione ad esseri umani di ceppi di virus
epatitici. Gli esperimenti furono condotti a Sa-
chsenhausen.
Nella sua lettera, Grawitz spiegò che era neces-
sario procedere nel percorso inverso a quanto
era stato fino ad allora fatto, ovvero inoculare
all’uomo ceppi virali coltivati; già in questa fa-
se era prevista l’eventualità che si verificassero
decessi di deportati sottoposti agli esperimenti.
Il capo del servizio medico delle SS terminava
la lettera chiedendo condannati a morte, possi-
bilmente giovani, da inoculare a Sachsenhausen
e perorava la figura del “camerata” Dohmen co-
me direttore del progetto di ricerca [28].
Due settimane dopo Himmler rispose dando il
placet allo sviluppo del progetto, ordinando che
fossero messi a disposizione di Dohmen 11
ebrei polacchi di Auschwitz, trasferiti a Sach-
senhausen. Le conclusioni dei risultati ottenuti
sulle cavie umane sarebbero dovute poi essere
messe a disposizione dei professori Kurt Gut-
zeit e Haagen dell’Università di Amburgo12
.
Nonostante le perplessità di Dohmen ad ese-
guire gli studi infettando cavie umane (bambi-
ni) le sperimentazioni iniziarono anche perché
il capo delle SS Himmler lo minacciò di pesanti
punizioni. Il giorno 15 luglio 1943 i bambini fu-
rono infettati. L’esperimento fu poi allargato ad
Auschwitz e a Lipsia. Dopo la dimostrazione
che l’infezione poteva essere trasmessa alle ca-
vie umane fu lo stesso Himmler che si fece pa-
trocinatore della sperimentazione, sempre su
deportati, di un vaccino. Con l’intervento del
capo delle SS anche il campo di concentramen-
to di Buchenwald entrò nel progetto [28]. Non è
noto se poi venne sperimentato un vaccino; è
possibile che non ci fosse in quel momento un
prodotto in grado di essere testato, pertanto
questo ulteriore sviluppo rimase solo un lucido
e criminale delirio di disponibilità.
È interessante sottolineare in questa vicenda un
risvolto inquietante; il prof Kurt Gutzeit
dell’Accademia di Medicina Militare che fu an-
che docente all’Università di Bratislavia scrisse,
in un passaggio di una lettera ad Haagen a Stra-
sburgo, la seguente frase: “... desidero creare le
condizioni ideali per eseguire l’experimentum crucis
dell’inoculazione ad homine. Bisognerà prendere al-
cune cautele di cui per iscritto non posso parlare
....” (28). Questa lettera venne scritta il 24 giu-
gno e il 27 giugno 1943 Haagen gli rispose
informandolo che gli esperimenti, volendo, si
potevano eseguire anche a Strasburgo. Non
sappiamo se poi gli esperimenti in questa città
vennero condotti procedendo con l’infezione di
cavie umane, a cui seguirono le vaccinazioni,
come desiderava Himmler. Tuttavia è necessa-
rio precisare che in questo come in altri pseu-
doesperimenti su cavie umane non solo i medi-
ci appartenenti alle strutture SS furono gli idea-
tori di questi crimini, ma anche alcuni settori
11Arnold Dohmen non apparteneva alle SS ma era un professore dell’Accademia di Medicina Militare. Collaborando con il Prof.
Gildemeister dell’Istituto Robert Koch di Berlino era giunto alla conclusione che l’epatite era causata da un virus e non da un bat-
terio [27].
12Alcuni accademici dell’Università di Strasburgo si distinsero particolarmente nel campo degli esperimenti criminali nazisti. Dal giu-
gno 1943 al settembre 1944 Rudolf Brandt e il colonnello SS Wolfram Sievers (direttore per le ricerche militari) volontariamente e il-
legalmente provocarono la morte di civili e di appartenenti alle forze armate dei paesi in guerra con la Germania mentre erano in pri-
gionia. Inoltre 112 ebrei furono selezionati, misurati e fotografati, e poi uccisi. Tutti i corpi furono sottoposti ad autopsia e vennero
eseguiti test comparando le misure anatomiche per razza, caratteristiche patologiche, forma e taglia del cervello [29, 30].
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voleva colpire favorì nell’arco di 24 ore lo svi-
luppo dell’infezione. È doveroso precisare che
in questo nuovo setting sperimentale si evitò
d’introdurre le schegge di vetro e legno come in
precedenza si era pensato. Per rendere l’esperi-
mento più efficace e più calzante al processo
patologico che si realizzava quando i soldati
contraevano l’infezione delle ferite, oltre ai ger-
mi inviati dall’Istituto di Igiene furono inocula-
te in loco, contemporaneamente, colture di
streptococchi e stafilococchi [34].
Con questi accorgimenti il sadico esperimento
sulle cavie umane aveva preso la “china giu-
sta”: ora le sofferenze delle deportate erano di-
ventate veramente enormi, ma nel clima di Ra-
vensbrück questo particolare era ininfluente.
Una volta ottenuto il risultato dello sviluppo
delle infezioni, Gebhardt e Fischer divisero le
deportate in due gruppi: il primo venne tratta-
to con metodi chirurgici mentre l’altro con i sul-
famidici.
É necessario sapere che nel trattamento delle fe-
rite infette di Heydrich, a causa delle convin-
zioni di Gebhardt, non si era ricorsi ai sulfami-
dici, pertanto l’esperimento era condizionato
da questo precedente e il risultato, per motivi
prevedibili, doveva dimostrare un fallimento
dell’approccio terapeutico con i farmaci. Fi-
scher volle poi aggiungere alcune possibilità di
infezione che proprio per le peculiari caratteri-
stiche microbiologiche degli agenti infettivi in-
trodotti ad arte non avrebbero potuto dimostra-
re l’efficacia dei sulfamidici.
Grazie alla testimonianza resa da Zophia
Maczka, una dottoressa radiologa di Cracovia,
ex-prigioniera politica in custodia protettiva
noi possediamo informazioni dettagliate su
quanto avvenne nel corso di queste sperimenta-
zioni su cavie umane. “I medici ed il personale di
supporto non erano addestrati. Gli ambienti non era-
no né asettici, né igienici. Dopo gli esperimenti, le
pazienti venivano lasciate nelle stanze ancora sotto
shock senza aiuto medico, senza l’aiuto delle infer-
miere o qualsiasi controllo. Le operazioni venivano
fatte secondo la volontà dei medici con strumenti
chirurgici non sterilizzati. Il dottor Rosenthal che ha
effettuato la maggior parte delle operazioni, si di-
stingueva per il suo sadismo. Verso la fine del 1943
gli esperimenti vennero effettuati nel bunker che era
l’orribile prigione del lager. Le vittime venivano ope-
rate lì perché avevano cercato di opporsi e le opera-
zioni venivano condotte nelle celle senza neppure la-
vare le parti del corpo che sarebbero state operate.
Questa era l’atmosfera scientifica nella quale veni-
vano effettuati gli esperimenti scientifici. Tutti gli
esperimenti venivano effettuati sulle gambe e le pa-
zienti venivano narcotizzate.
Gli esperimenti erano divisi in due gruppi principali:
1) Esperimenti che prevedevano l’infezione del pa-
ziente.
2) Esperimenti asettici 14.
Nel primo caso veniva aperta una ferita nella gamba
che successivamente veniva infettata con batteri.
Vennero usati lo stafilococco aureo, il malignum
dell’edema, il bacillo della cancrena gassosa e il clo-
stridium tetani. Weronika Kraska, infettata con il
clostridium tetani morì dopo alcuni giorni. Kasimira
Kurowska fu infettata con il bacillo della cancrena
gassosa morì anche Lei dopo alcuni giorni. Con il
Malignum dell’edema furono infettate Aniela Lefa-
nowicz, Zofia Kiecol, Alfreda Prus e Maria Ku-
smierczuk. Le prime tre morirono dopo pochi giorni,
mentre Maria Kusmierczuk sopravvisse all’infezione.
Rimase malata per più di un anno, ma oggi è viva ed
è prova vivente. Venivano utilizzati pirettici le ferite
infettate provocavano velocemente la malattia” [34].
Poi Zophia Maczka rispose a questa domanda:
Perché il professor Gebhardt, con la sua formazio-
ne, effettuò questi esperimenti? Per esaminare i
nuovi farmaci dell’industria chimica tedesca; prin-
cipalmente vennero usati il cibazol (sulfathiazole) e
l’albucid (sulfacetamide). Anche il tetano venne
trattato in questo modo. I risultati dei trattamenti
non venivano controllati o se veniva fatto la meto-
dologia era inadeguata, superficiale e di nessuna
utilità” [34].
Tra il 24 e il 26 maggio 1943 all’Accademia Mi-
litare di Berlino si tenne un convegno e in quel-
la sede il generale di corpo d’armata delle SS
Karl Gebhardt (già professore associato presso
la Facoltà di Medicina dell’Università di Berli-
no) poté affermare che alla luce del suo esperi-
mento su cavie umane i sulfamidici non erano
efficaci nella cura delle infezioni [11].
Gebhardt concluse la sua carriera quando fu
catturato, insieme a Heinrich Himmler, il 2 giu-
gno 1945; tradotto davanti al tribunale di No-
rimberga e nel processo effettuato ai medici na-
zisti, venne ritenuto colpevole di crimini di
guerra e contro l’umanità. Fu impiccato il 2 giu-
14“Gli esperimenti asettici consistevano in operazioni sulle ossa, sui muscoli e sui nervi. Venivano effettuati i seguenti esperimenti: a)
fratture, b) trapianto d’osso, c) innesto d’osso. Le ossa venivano rotte nella parte inferiore delle gambe con colpi di martello e suc-
cessivamente venivano ingessate con delle pinze (Janiga Marczewska) o senza pinze (Leonarda Bien). Per ulteriori informazioni sul-
le modalità delle sperimentazioni effettuate su cavie umane a Ravensbrück si consulti il sito internet alla voce Olokaustos “La testi-
monianza di Zophia Maczka” [34].
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gno 1948 nella prigione di Landsberg am Lech
in Baviera [12].
Fritz Fischer alla fine del conflitto venne cattu-
rato dagli alleati e fu anche lui tra gli accusati
nel processo di Norimberga ai medici nazisti;
giudicato colpevole venne condannato all’erga-
stolo, scampando alla forca in quanto non ap-
partenente all’organizzazione delle SS. Succes-
sivamente la pena venne ridotta a 15 anni e nel
1954 ottenne la scarcerazione in base ad un
provvedimento di clemenza. Una volta libero
fu assunto nell’industria chimica farmaceutica
Boeringher di Ingheneim [33].
n CONCLUSIONI
Al termine della guerra si é stimato che negli 8
principali lager tedeschi ove sono avvenuti
esperimenti medici su cavie umane siano morte
circa 7.000 persone. È difficile stabilire il nume-
ro esatto di quanti furono sottoposti a questi
esperimenti. Noi in questa disamina abbiamo
considerato solamente alcune patologie infetti-
ve di cui si possiede una documentazione det-
tagliata. Anche ricerche sulla febbre gialla, in
collaborazione con medici criminali giapponesi,
furono sviluppati durante il conflitto, ma per
motivi contingenti non si è potuto approfondi-
re questo argomento [35]. Altre ricerche sembra
siano state prospettate per il vaiolo, il paratifo e
la dissenteria [36].
Ci è parso interessante concludere questo arti-
colo citando la testimonianza resa da Zophia
Maczka.
Alla domanda: qual era il destino di quelle pri-
gioniere che riuscivano a lasciare vive l’ospeda-
le a Ravensbrück? Rispose: “Quasi tutte erano di-
venute zoppe e sopportavano terribili sofferenze co-
me risultato delle operazioni. Ancora più terribile
era la tortura morale inflitta perché da quel momen-
to vivevano con la convinzione che alla fine sarebbe-
ro state uccise per nascondere la prova degli esperi-
menti. Le autorità del lager, il comandante Suhren,
l’aiutante Braeuning e la soprintendente principale
Binz, ricordavano attraverso i loro ordini alle vitti-
me che non dovevano dimenticare di essere delle con-
dannate a morte. Infatti ben 6 delle pazienti sopra-
vissute alle operazioni furono uccise” [34].
All’inizio del 1945 il comandante del campo,
per riuscire ad eliminare tutte le detenute di Ra-
vensbruk , visto che il colpo di pistola alla nuca
gli sembrava non abbastanza efficiente, decise
d’introdurre il gas zyklon b (Figura 8) nelle
operazioni di liquidazione e fece costruire fret-
Figura 8 - Confe-
zione di zyclonB
(gas utilizzato per
lo sterminio di
massa nei campi di
concentramento
nazisti).
Figura 9 - Forni crema-
tori del lager di Raven-
sbruk.
164
2013
tolosamente una camera con annesso forno cre-
matorio (Figura 9). A gennaio del 1945 a Ra-
vensbrück c’erano 46.000 deportate che però si
ridussero a 11 000 ad aprile. Il 23 aprile 7.000
detenute furono evacuate in Svezia dalla Croce
Rossa svedese, grazie alla cosiddetta “operazione
Bernadotte”. Tre giorni dopo le SS organizzaro-
no la deportazione verso nord di altre detenute,
in una terribile marcia della morte, nel tentativo
di nascondere i crimini.
Quando il campo di Ravensbrück fu liberato
dai russi all’interno c’erano ancora 3.000 depor-
tate e qualche centinaia di prigionieri malati (Fi-
gura 10) [31].
La vicenda dei campi di concentramento ove si
praticarono esperimenti su cavie umane non
terminò con la fine della guerra. Infatti, furono
numerosi i suicidi verificatisi anche molti anni
dopo la liberazione [37]. Coloro che entrarono
nei lager non ne uscirono più e portarono il far-
dello della loro sofferenza per tutta la vita.
Keywords: infectious diseases experiments,
Nazis, concentration camps.
Figura 10 - Prigionieri alla libera-
zione nel 1945 del campo di con-
centramento di Ravensbruk.
L’autore ha compiuto una disamina di quanto è
pubblicato sulla rete, scientificamente documenta-
to, in relazione alle sperimentazioni su cavie uma-
ne compiute nei lager dai medici nazisti durante la
seconda guerra mondiale.
La ricerca è limitata alle sperimentazioni con og-
getto malaria, tubercolosi, tifo petecchiale ed epa-
tite virale e le sperimentazioni riguardanti i sulfa-
midici. I campi di concentramento coinvolti nei
programmi sperimentali su cavie umane furono
Natzweiler-Struthof, Dachau, Mauthausen, Bu-
chenwald, Neuengamme, Ravensbrück, Sach-
senhausen e Auschwitz. Si è stimato che comples-
sivamente (considerando anche sperimentazioni
che esulano dalle patologie citate), circa 7.200 de-
portati perirono nel corso o in seguito agli esperi-
menti. Al termine del conflitto in due processi, a
Norimberga e a Dachau, diversi medici criminali
furono giudicati e a quelli ritenuti colpevoli fu im-
partita la pena di morte o vennero sottoposti ad
anni di detenzione. Alcuni, come il famigerato
Mengele, riuscirono a sottrarsi al processo. Grazie
ai processi fu fatta parziale luce su questi crimini
che non raramente ebbero come vittime bambini,
selezionati con fredda crudeltà in sezioni speciali
di segregazione. L’organizzazione delle SS fu la
struttura che garantì ai programmi di sperimenta-
zione il massimo di efficienza, sia sul piano logisti-
co attraverso il sistema di controllo operativo
all’interno dei lager, sia grazie ad una struttura
medica autonoma, rigidamente gerarchizzata, di
medici inquadrati, direttamente dipendenti dal ca-
po delle SS (Reichsführer) Heinrich Himmler. É co-
munque interessante rilevare che collaborarono al-
le sperimentazioni su cavie umane anche medici
esterni all’organizzazione delle SS, militari appar-
tenenti alla Wermacht, medici inseriti nel mondo
universitario tedesco e ricercatori strutturati in al-
cune industrie farmaceutiche tedesche (IG Farben,
Bayer, Boehring).
RIASSUNTO
165
2013
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dei crimini di guerra giapponesi 1937-1945. Lin-
dau.Torino 2009.
The author systematically examined all available publi-
cations and web documents, with regard to scientifical-
ly documented experiments carried out by Nazi physi-
cians in their concentration camps during World War
II. This research focused on human experiments dealing
with: malaria, tuberculosis, petechial typhus, viral he-
patitis, and those regarding sulphonamides as antimi-
crobial agents. The concentration camps involved by ex-
perimental programmes on human guinea pigs were:
Natzweiler-Struthof, Dachau, Mauthausen, Buchen-
wald, Neuengamme, Ravensbrück, Sachsenhausen and
Auschwitz. Overall, around 7,200 deported prisoners
went to their deaths during or because of these experi-
ments (also considering human trials other than previ-
ously quoted ones). At the end of the war several physi-
cians were charged with war crimes in two trials
(Nuremberg and Dachau), and those found guilty were
sentenced to death, or years of imprisonment. Some of
them, including the notorious Josef Mengele, succeeded
in escaping capture and being brought to justice.
Thanks to these trials, partial light has been shed on
these crimes, which not infrequently had children as
designated victims, selected with excruciating cruelty
in special segregation sections. The SS was the key
structure which ensured maximum efficiency for these
experimental programmes, from both logistic planning
through to an operative control system carried out in
concentration camps, and thanks to an autonomous,
dedicated medical structure, which included a rigid hi-
erarchy of physicians directly dependent on the head of
SS forces (Reichsführer), i.e. Dr. Heinrich Himmler.
Moreover, it is worth noting that also physicians who
were not part of the SS corps collaborated in the above
experiments on human guinea pigs: these included mil-
itary personnel belonging to the Wehrmacht, academic
physicians from German universities, and researchers
who worked in some German pharmaceutical indus-
tries, such as IG Farben, Bayer and Boehring.
SUMMARY